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LA SICUREZZA NEI RAPPORTI CONTRATTUALI SUL WEB E NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO.

08/03/2021

Le conseguenze della pandemia  stanno condizionando le modalità di comportamento dei vari soggetti economici e tra le tendenze che si registrano vi sono quelle relative ad un utilizzo sempre più frequente dei servizi on-line per l’acquisto di beni e servizi.

L’aumento dei contratti conclusi via web non riguarda, però, solo i consumatori che ricercano comparazione dei prezzi e facilità di conclusione nella stipulazione di contratti, ma anche le imprese, per l’esigenza di intensificare i rapporti commerciali anche con l’estero.

Quindi, la tutela sul web si dovrà basare sulla salvaguardia del principio di buona fede, in quanto solo con la fiducia si potrà assistere ad un aumento dei traffici e delle transazioni.

La normativa prevede tutele stringenti in via di evoluzione per quanto riguarda il Consumatore (basta leggere la Nuova Agenda del Consumatori 2020-2025 presentata dalla Commissione UE il 13.11.2020). Per quanto riguarda, invece, le transazioni tra imprese si parte dal presupposto che queste abbiano competenze interne o che si avvalgano di esperti, dato che la posizione è considerata paritetica.

E’ bene sottolineare che via web, a fronte di ipotesi minime in cui le trattative vengono portate avanti dai soggetti contrattuali anche telematicamente addivenendo alla stipulazione di un contratto condiviso in ogni sua parte, quasi sempre il grosso delle transazioni avviene attraverso accettazione di modelli standard, predefiniti da una delle parti ed accettati dall’altra.

Si tratta, quindi, di contratti che non sono negoziati, in quanto spesso manca la fase delle trattative.

In questi contratti di fornitura di beni e servizi, quindi, le clausole vengono predisposte da una sola parte e l’altra non potrà che accettare o rifiutare.

Le conseguenze saranno diverse a seconda che il contratto sia stato stipulato tra un consumatore ed un imprenditore (B2C business to consumer) o tra un imprenditore ed un altro imprenditore (B2B business to business).

Ai contratti tra imprenditori (B2B) si applicherà l’art. 1341 c.c. per cui è onere di chi accetta le clausole di attivarsi per conoscerle e comprenderle, mentre l’altra parte, che le ha predisposte, basta che le abbia rese conoscibili; basterà in altre parole la conoscibilità astratta. Inoltre, per l’efficacia delle clausole vessatorie, tassativamente indicate al secondo comma dell’art. 1341, basterà che la parte accettante le abbia approvate separatamente anche in blocco con un solo click.

Tra queste ricordo ad esempio la facoltà di recedere dal contratto della parte che le ha predisposte o quella che sancisce a carico dell’altra parte decadenze o limitazioni ad opporre eccezioni

Per quanto riguarda invece le clausole relative ai contratti tra consumatori ed imprenditori (B2C) queste saranno regolate dall’art. 33 del Codice del Consumo che prevede una lista aperta di clausole vessatorie, dato che sono considerate vessatorie (pregiudizievoli) “tutte le clausole che, malgrado la buona fede, determinato a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Nell’art. 33 del Codice del Consumo vengono poi enumerate delle clausole considerate vessatorie, ma che possono venire accettate dal consumatore. Ve ne sono poi altre che non entreranno mai a far parte del rapporto contrattuale a prescindere da un’eventuale accettazione.

Le prime dovranno comunque essere conosciute dal consumatore e la conoscenza dovrà essere effettiva e graverà sull’imprenditore (in caso di conflitto) la dimostrazione dell’esistenza delle trattative e l’accettazione consapevole delle clausole da parte del consumatore (art. 34 Codice del Consumo). Tra queste si ricordano la facoltà di recesso riconosciuta solo all’imprenditore e non al consumatore o quella di stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o la rinnovazione.

Le seconde, invece, saranno sempre nulle (art. 36 C.C.) e sono:

a)     l’esclusione o la limitazione della responsabilità del professionista in caso di morte o danni fisici al consumatore;

b)     l’esclusione o la limitazione delle azioni del consumatore in caso di inadempimento del professionista;

c)     l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha potuto conoscere.

Il problema, come detto sopra, è che spesso i contratti telematici riguardano parti che risiedono o hanno sede in paesi diversi.

In caso di conflitto, allora, quale sarà il diritto applicabile alla fattispecie concreta?

Quale sarà l’organo giurisdizionale designato a dirimere la controversia?

In assenza di una scelta contrattuale preliminare circa questi due elementi, l’individuazione delle norme applicabili e dell’autorità competente è rimessa alle norme di diritto internazionale privato.

In tema di obbligazioni contrattuali gioca un ruolo primario il Regolamento CE 593/2008 o Regolamento Roma I.

Detto Regolamento prevede una norma di grande importanza, che è l’art. 2, circa il carattere universale della normativa: <<La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno stato membro>>.

Quindi, ad esempio, se prendiamo il caso della Gran Bretagna, si potrà dire che la Brexit non abbia inciso sull’operatività del Regolamento di cui sopra salvo alcune eccezioni, come ad esempio l’art. 3 comma 4 del Regolamento 593/2008, che prende in considerazione il caso in cui tutti gli elementi fondamentali di un contratto siano ubicati in uno Stato membro che prevede norme inderogabili. La norma recita che queste dovranno, comunque, avere effetto a prescindere dalla scelta operata dalle parti contraenti. Evidentemente questa norma sarà diversamente applicata nei contratti conclusi con un contraente avente sede o residenza in Gran Bretagna a seconda che la scelta sia stata compiuta prima o dopo il 31/12/2020, dato che questa è la data prevista dall’accordo di recesso della Gran Bretagna, che è, comunque,  rimasta vincolata al diritto dell’Unione fino al 31/12/2020, anche se ha perso la qualifica di Stato Membro dell’UE il 20/02/2020.

Sulla base del Regolamento 593/2008 il criterio primario, come detto sopra, rimane quello della volontà delle parti, ma nel caso in cui le parti non abbiano fatto delle scelte, circa il diritto applicabile o l’Autorità chiamata a dirimere le controversie, sopperiranno i criteri previsti dal Regolamento stesso. Ad esempio il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese del venditore mentre il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale.

Le regole dettate dal Regolamento Roma I varranno anche per i contratti che si perfezionano su internet, inoltre detto regolamento prevede una tutela particolare per i  consumatori, definiti persone fisiche che stipulano per un uso estraneo alla loro attività commerciale e professionale con soggetti che agiscono nell’esercizio delle loro attività commerciale e professionale. In questo caso il contratto sarà disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale a condizione che il professionista svolga e diriga la sua attività nel paese in cui il consumatore ha la residenza ed il contratto rientri nell’oggetto della sua attività imprenditoriale. Detta norma si applicherà anche nel caso in cui le parti abbiano fatto la scelta di optare per l’applicazione di un’altra normativa, se questa priva il consumatore della protezione di cui avrebbe altrimenti goduto applicando la normativa del proprio paese.

Per quanto riguarda i contratti conclusi tra imprenditori (c.d.contratti B2B) oltre ad applicare il Regolamento di cui sopra si potrà applicare anche tutta la normativa adottata dalla Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale (UNCITRAL o United Nations Commission on International Trade Law) creata con risoluzione 2205 il 17/12/1966 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al fine di addivenire alla graduale armonizzazione del diritto commerciale internazionale.

Ad esempio, per la vendita internazionale il testo da applicare sarà la CISG (United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods) che è appunto la convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionale di Beni Mobili e si applica alla vendita internazionale  di beni qualora le parti del contratto abbiano la propria sede d’affari in Stati contraenti, ovvero qualora le regole di diritto internazionale privato indentifichino il diritto di uno Stato contraente come applicabile al contratto.

Queste brevi note solo per sottolineare quanto sia articolata la materia, che comunque presenta un faro che è rappresentato dall’autonomia contrattuale, che rimane la scelta cardine in tutta la normativa, dato che con la possibilità di incidere sulle clausole contrattuali a priori si evitano dubbi e incomprensioni.

Nel caso in cui, quindi, detta scelta non venga adottata, mentre il consumatore potrà vantare norme a sua tutela a valle, l’imprenditore si presume esperto e, quindi, munito di competenze interne o di consulenza ad hoc.